Quantcast
Channel: dov'è l'architettura italiana?
Viewing all articles
Browse latest Browse all 123

il principe urbanista

$
0
0
The Architectural Review ha pubblicato recentementei dieci principi per una crescita urbana sostenibile che valorizzi la tradizione sviluppati dal principe del Galles Carlo d’Inghilterra.
I dieci punti nella grafica di dezeen


Mi ha piuttosto sorpresoche questa rivista mi abbia chiesto di spiegare perchéritengo chegli approccitradizionali ei principi universali siano cosìimportantinella progettazione diedifici eambienti urbani.È confortante, devo dire, che la rivistastia incoraggiandoun'Grande Ripensamento'perchéla progettazione diluoghisecondo lascala umanae con la Nnaturaalcentro del processoè semprestata la miapreoccupazione centrale. La ragione di ciò, credo, è stato troppo spessofraintesa...
Ho perso il conto delle volte che sono stato accusato di voler riportare l'orologio indietro a una qualche Età dell'Oro. Niente potrebbe essere più lontano dalla mia mente. La mia preoccupazioneè il futuro...



The Prince of Wales at Poundbury - The Architectural Review

1. Le nuove aree di sviluppo urbano devono rispettare il terreno in cui sorgono, quindi non essere invadenti e adattarsi al paesaggio che le circonda. 
2. L'architettura èun linguaggio e ha bisogno diregolegrammaticali. 
3. Anche la scalaè importante e gli edifici si dovrebbero rapportare all'uomo, così come alle costruzioni e agli altri elementi che i trovano nel suo intorno.
4. Armoniadelle parti. La ricchezzaderivadalla diversità, comedimostrala natura, ma ci deve esserecoerenza e ogni edificiodeveessere in sintoniacon i suoi vicini, non essere uguale a loro.
5. La creazione dispazi delimitati racchiusida edificiè preferibile rispetto ai gruppi dicase, soprattutto perchè incoraggia gli spostamenti a piedi efa sentire le persone più sicure.
6. Anche i materiali sono importanti. Oggi utilizziamo troppo materiali standard, come cemento, alluminio, vetro e acciao, slegati dal carattere dei luoghi in cui costruiamo.
7. Limitare i segnali stradali e sostituirli con elementi come curve, piazze o alberi, che se posizionati ogni 60-80 metri portano i guidatori a rallentare quasi naturalmente.
8. Il pedonedeveessere al centrodel processo di progettazione e riprendersi la strada.
9. Densità. Lo spazio è prezioso, ma non dobbiamo necessariamente ricorrere ai grattacieli che alienano e isolano. Le case a schiera e gli edifici per appartamenti, come quelli di KensingtoneChelseaa Londra danno maggiori benefici con densità abitative piuttosto alte.
10. Flessibilità: la rigida pianificazione generata dall'ingegneria del traffico tenderebbe a rendere inutili tutti i principi enunciati sopra, ma è possibile adottare schemi più flessibili.

Inutile dire che l'articolo ha provocato numerosissime critiche dagli architetti, inevitabili quando si prende una posizione così distante da quasi tutto il mondo dell'urbanistica e dell'architettura contemporanee e si è (ingiustamente) uno dei personaggi pubblici più derisi e sottovalutati.


Devo confessare invece di aver provato interesse nella lettura dell’articolo, maggiore rispetto a quello generato mediamente da molti siti e blog di architetti e urbanisti italiani (e non solo!). 
Non essendo inglesi infatti possiamo leggere le considerazioni del principe come un contributo di un intellettuale, senza nessuna problema di sudditanza o condizionamento"politico" e  apprezzare il fatto che un non addetto ai lavori sia così preparato e interessato ai temi della progettazione architettonica e urbana. 
Direi che gran parte delle considerazioni fatte sono abbastanza condivisibili e in linea con le più recenti tendenze della biourbanistica, che si sta sempre più diffondendo soprattutto in quei paesi, penso ad esempio a Stati Uniti e Canada, che molto più degli altri e sin dall'inizio hanno sviluppato le loro città a misura di auto.
Non dovremmo mai dimenticare comunque che le principali scelte urbanistiche ed architettoniche vengono compiute da persone che non rivestono il ruolo di architetti, ma di politici e amministratori e questo ci “libera” da molte colpe. Colpe che noi architetti abbiamo deciso di accollarci quando, con l’idea di cambiare il mondo attraverso la città, abbiamo realizzato, complice una scellerata industrializzazione dell’architettura, i quartieri più invivibili che la storia ricordi.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 123

Trending Articles