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via giulia e il vicolo della moretta

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La mia esplorazione costante della città non poteva trascurare quella evidente ferita rimasta aperta tra via Giulia, il vicolo della Moretta e il vicolo del Malpasso dopo le varie demolizioni avvenute tra la fine del XIX secolo e gli anni del fascismo. 
Nella porzione di lotto costruita è compresa anche la piccola chiesa di San Filippo Neri la cui elegante e minuta facciata tardo-barocca realizzata su progetto di Filippo Raguzzini, quello dei palazzetti tutti curve di piazza Sant'Ignazio, è inglobata nello strano e incompleto prospetto in parte vuoto che affaccia su via Giulia.

La facciata del lotto della Moretta su via Giulia

La storia della Moretta è strettamente legata per ragioni spaziali e storiche al vicino largo Perosi che la separa dal lungotevere e dal ponte Mazzini lasciandone del tutto libera la vista.
Inevitabile allora riprendere il filo di quel discorso un po' articolato e non così lineare che riguarda la rigenerazione degli spazi della città, già affrontato su questo blog in post come Piazza dell'Oro | Roma moderna |Via Guido Reni | piazza del parlamento.
 
Il prospetto su via Giulia visto da ponte Mazzini


Ho da molti mesi tra le bozze questo post su via Giulia, con la raccolta dei principali articoli e post sul progetto a firma di Cordeschi proposto sopra il parcheggio nel lotto libero tra la chiesa di San Filippo Neri e il lungotevere dei Tebaldi/Sangallo davanti al ponte Mazzini, dopo il concorso ad inviti di idee gratuite fatto dall'amministrazione Alemanno. 
Oggi il parcheggio sotterraneo sopra i soliti resti archeologici inaspettatamente (ironico) rinvenuti durante il cantiere è stato finalmente completato, ma l'edificio sopra non è stato costruito per l'opposizione di comitati di residenti, intellettuali ecc... e anche il lotto della Moretta è rimasto quasi inalterato ma con sempre più auto in sosta e più degrado.


La parte costruita vista dal vicolo della Moretta
Il caso in questione, probabilmente come molti altri o forse tutti quelli di parti urbane incomplete non ricostruite, è molto specifico perchè legato a circostanze particolari e alla storia del luogo. Indipendentemente da questo però, dove si rinuncia per incapacità a trovare un compromesso per trasformare coscientemente uno spazio urbano, in realtà ci si illude di preservare qualcosa senza sapere bene cosa sia. Si tratta quasi di un bisogno esistenziale, spesso poco sensato.

Scorcio di via Giulia con la chiesa di San Filippo Neri
La città infatti è un organismo vivo e come tale si trasforma, non resta mai com'era a dispetto dell'impressione che si può avere, e in genere tende ad occupare gli spazi con le necessità più basilari e spesso con quelle dei più prepotenti
A Roma, come già visto nei casi di piazza del parlamento e Piazza dell'Orola passività ha generato spazi piuttosto brutti e degradati (utilizzati in genere per la sosta delle auto) e mai purtroppo ha visto dei miglioramenti dal basso o dall'alto. 


Dettaglio della facciata della chiesa
L'evoluzione naturale, o ecologica come la chiamano i sociologi urbani, della città contemporanea è legata soprattutto alla mobilità e in mancanza di capacità organizzative che permettano di risolvere il problema in maniera accettabile, gli spazi liberi vengono occupati dai mezzi di trasporto soprattutto in sosta e le auto così ingombranti diventano nei contesti storici a scala umana vere protagoniste del paesaggio urbano a livello strada.

Non a caso infatti anche il vuoto della Moretta ha oggi e da molti anni ormai lo stesso destino, quello cioè di un luogo sospeso, maltrattato e privo di significato, con tanti saluti al paesaggio urbano millenario che lo circonda. Sembrerebbe anzi che negli ultimi anni anche via Giulia sia diventata, in una triste parabola di decadenza che sembra inarrestabile, una strada-parcheggio.


Lo slargo verso il vicolo del Malpasso
Confesso che avevo un po' di paura ad andare a vedere la situazione dopo la realizzazione del parcheggio (semi-)interrato e mentre scrivo dopo averlo visto cerco di capire il senso di un articolo, l'ennesimo, che vorrebbe una Roma che ama e conserva le sue bellezze soprattutto per aprirsi al futuro e ampliare il suo benessere.
Mi sembra un po' inutile rivedere tutti i progetti di riqualificazione fatti negli anni anche prima delle più recenti vicende legate al parcheggio, perchè spesso il tempo cambia i gusti e le esigenze. Forse dopo che sarà realizzata la sistemazione a giardino davanti al lotto della Moretta si potrà ripensare al suo destino e rivedere tutti i progetti pensati nel tempo cercando di capire come si può rimarginare questa ferita nel tessuto urbano.

#romadallabici Il Celio

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In maniera probabilmente molto personale nelle mie esplorazioni, in bici e a piedi, identifico il cuore del rione Celio e quindi la mia meta preferita con piazza dei Ss Giovanni e Paolo, un luogo magico ricco di storia e di architettura (e oggi di auto in sosta purtroppo!).
Da qui si hanno tre possibilità:
- scendere per il Clivo di Scauro fino al complesso di San Gregorio
- entrare a Villa Celimonatana
- percorrere l'incredibile via di S.Paolo della Croce fino all'Arco di Dolabella
Ciascuna delle tre opzioni permette la scoperta di una quantità incredibile di piccoli e grandi tesori in uno degli paesaggi urbani più particolari rimasti a Roma.

Il Rione Celio, che come l'Esquilino prende il nome da uno dei sette colli su cui la leggenda confermata dagli studi archeologici narra sia stata fondata Roma, è stato istituito dal punto di vista amministrativo solo nel 1921 in seguito ad una suddivisione del Rione Campitelli. I suoi confini non coincidono perfettamente con la geografia del colle, peraltro non così facile da ricostruire oggi dopo tanti secoli di costruzioni e riempimenti delle valli anche perchè si trova mediamente poco sotto i 50 m sul livello del mare.

Mappa del Rione Celio (AnnaZelli.com)

All'interno dei suoi confini troviamo monumenti incredibili, addirittura il Colosseo, ma non è mia intenzione imbarcarmi in un trattato storico-archeologicosul Celio, cosa già fatta egregiamente da studiosi molto più qualificati di me, quanto cercare di illustrare attraverso alcune foto la bellezza di luoghi carichi di storia e depositari di particolarità architettoniche e paesaggistiche ancora oggi vive nonostante le trasformazioni nel tempo fino alla modernità. 




ia di S.Paolo della Croce e il muro del Convento

L'ultima e più recente violenza, fortunatamente non irreversibile, è quella di aver trasformato piazza dei Ss Giovanni e Paolo - non tutta grazie al provvidenziale arredo urbano - e via di S.Paolo della Croce in una zona di parcheggio a servizio della sede Mediaset (e della chiesa in occasione dei matrimoni). Fatto particolarmente grave se consideriamo la preziosità di un ambiente urbano che, rimasto quasi intatto nel tempo, ci restituisce probabilmente l'immagine di com'era Roma prima dell'avvento della modernità, una città di 'orti' e conventi separati da muri di cinta.

Dislivelli tra via Labicana e la zona del Colle Oppio
Le opzioni per raggiungere il Celio in bici sono molte in mancanza di piste e percorsi ciclabili e l'ultima volta l'ho fatto attraverso un percorso estremamente affascinante e ricco di sorprese. Imboccata via Merulana da Santa Maria Maggiore - qui se avete tempo e capitate nell'orario giusto non vi perdete la chiesa di Santa Prassede con i suoi incredibili e antichissimi mosaici medievali - ho svoltato poi a destra a via Mecenate e proseguito su via Muratori e Crescimbeni per scendere all'incrocio con via Labicana in un ambiente urbano molto caratteristico tra palazzine primo novecento e scalinate scenografiche.

Abside medievale - Chiesa dei Santi Quattro Coronati
Attraversata via Labicana si prosegue lasciandosi a destra la basilica di San Clemente, più avanti a sinistra si lambisce la bellissima abside dei Ss Quattro Coronati dove si prosegue svoltando a destra con vista Colosseo e poi a sinistra risalendo fino alla sterminata piazza Celimontana, su cui si affaccia l'ospedale militare, divenuta oggi un grande parcheggio.

Arrivati qui ci troviamo sulla destra un muro di confine piuttosto lungo ed estremamente caratteristico che unisce la chiesa di Santa Maria in Domnica con l'Arco di Dolabella, inglobando numerosi elementi architettonici e scultorei come traccia delle diverse costruzioni esistenti.

Portale cosmatesco - Ex ospedale dei Trinitari
Se passiamo sotto l'arco ci troviamo sulla già citata via di S.Paolo della Croce verso i Ss Giovanni e Paolo, proseguendo invece sulla piazza incontriamo il nuovo ingresso principale a Villa Celimonatana in asse con il cinquecentesco Palazzetto Mattei oggi sede dellaSocietà geografica italiana. Proprio di fronte al portale di ingresso alla villa si trova un'altra particolare emergenza romana, l'antichissima chiesa circolare di Santo Stefano Rotondo oggi riaperta dopo un lunghissimo restauro.

Elementi di architettura - Chiesa di Ss Giovanni e Paolo
Santi Giovanni e Paolo - Costruita nel 400 nella casa che avevano abitato questi due fratelli martiri. Il portico sul quale si leggono quattro versi latiniè del dodicesimo secolo. Chiesa interessante, restaurata male nel 1822. (Stendhal - Passeggiate romane, 1829)


Ingresso a Villa Celimontana e chiesa dei Ss Giovanni e Paolo
Il portale di ingresso da piazza dei Ss Giovanni e Paolo, nella foto qui sopra ripreso dall'interno, reca scolpita la data del 1650 quando Girolamo Mattei allora unico proprietario della villa, la ampliò verso la piazza e chiamò Bernini per realizzare due fontane oggi perdute.

Dettaglio del casino rinascimentale che domina la villa
Fu proprio la famiglia Mattei a realizzare il palazzetto rinascimentale nella seconda metà del '500 dopo aver acquistato la proprietà e averla trasformata in un elegante giardino ricco di statue e fontane, disegnato da viali alberati e con bellissimi affacci sulla città sottostante.


La Fontana del fiume e sullo sfondo il Gazometro
Passeggiando per Roma ogni giorno si scopre qualche punto da cui si gode un panorama magnifico. Per due ore siamo rimasti in contemplazione all'estremità di uno dei viali di villa Mattei... (Stendhal - Passeggiate romane, 1829)


Portale di ingresso ai resti della Biblioteca di Agapito

Scendendo per il Clivo di Scauro verso San Gregorio si passa, sotto una successione di archi in mattoni, davanti all'ingresso delle case romane del Celio che si trovano proprio sotto Ss Giovanni e Paolo. Appena lasciato a sinistra l'abside della chiesa si incontra a destra un bel portale seicentesco in pietra con affresco di San Gregorio opera di Flaminio Ponzio per il cardinale Scipione Borghese, ingresso ai resti della Biblioteca di Agapito risalente al VI secolo d.C.


Dettaglio della facciata dei tre oratori di San Gregorio
Arrivati a piazza di San Gregorio, prima di farsi distrarre dalla posizione meravigliosa (cit. Stendhal) della chiesa omonima con la monumentale facciata sopra la scalinata, bisognerebbe volgere lo sguardo a sinistra per scorgere attraverso la vegetazione un interessante impianto scenografico  realizzato all'inizio del seicento e composto dall'accostamento delle facciate di tre oratori, Sant'Andrea, Santa Silvia e Santa Barbara, che affacciano su un piccolo orto e ospitano al loro interno importanti affreschi seicenteschi.

Nuovo Centro Congressi Eur

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Dopo aver pubblicato tempo fa Nuvola e Grandi Opere per cercare di capire se i tempi e i costi dell'opera, soprattutto rispetto alle previsioni, fossero veramente così sproporzionati in confronto a interventi europei simili (sembrerebbe proprio di no...), mi ero ripromesso di ritornarci una volta che il cantiere fosse veramente terminato rendendo possibile entrare a vedere dal vivo almeno gli spazi comuni di ingresso e l'atrio. 
La lettura dell'interessante articolo di Luca Silenzi che analizza l'edificio dell'Eur in parallelo con la Filarmonica di Amburgo, con un'intuizione avuta anche da me che avevo aggiunto al confronto anche quella di Parigi e i manifesti visti in giro su Roma Sposa alla Nuvola mi hanno dato lo spunto per riprendere dopo molti mesi quel filo rimasto pendente.

La leggerezza e la pesantezza (cit. Milan Kundera)
La foto qui sopra (già pubblicata sulle mia pagine Instagram e Facebook) è stata scattata dall'interno del grande atrio a tutta altezza; si vede molto bene da sotto la grande Nuvola, ma anche le imponenti strutture che la sorreggono in cui corrono gli ascensori. 
Nell'architettura, come nella vita del resto, l'apparente e agognata leggerezza finisce per trasformarsi spesso in un'incredibile pesantezza.

Ma davvero la pesantezza è terribile e la leggerezza meravigliosa? Il fardello più pesante ci opprime, ci piega, ci schiaccia al suolo... 
Quanto più il fardello è pesante, tanto più la nostra vita è vicina alla terra, tanto più è reale e autentica. Al contrario, l'assenza assoluta di un fardello fa si che l'uomo diventi più leggero dell'aria, prenda il volo verso l'alto, si allontani dalla terra, dall'essere terreno, diventi solo a metà reale e i suoi movimenti siano tanto liberi quanto privi di significato. Che cosa dobbiamo scegliere allora? La pesantezza o la leggerezza? (Milan Kundera: L'insostenibile leggerezza dell'essere, 1984)

La Nuvola e il suo riflesso
Molti dei retorici e discutibili discorsi sull'inutilità delle Grandi Opere, validi in caso dopo averla constatata e quindi irrilevanti prima del suo completamento soprattutto se osteggiano l'architetto e il progetto invece di occuparsi delle sue potenzialità, crollano trovandosi in questo spazio incredibile fatto di trasparenze e riflessi. Difficile associarlo alla leggerezza vista la quantità di acciaio presente certamente non in profili sottili e le grosse strutture ben piantate a terra per sostenere la nuvola, ma è senza dubbio molto bello.  

Mostri contemporanei
Credo che ogni edificio pubblico o con un impatto sullo spazio pubblico debba essere valutato sia dal punto di vista del significato che della funzionalità, essendo ciascuna delle due componenti da sola insufficiente e ritengo questa doppia lettura fondamentale per la corretta comprensione dello spazio pubblico contemporaneo ormai slegato da ogni regola critica. A questo proposito direi che la lettura dell'articolo di Joseph Rykwertè fondamentale.
Un'altra questione secondaria ma in qualche modo legata al significato, è tutta l'attività di promozione dell'immagine dell'edificio che coinvolge sia la committenza che il progettista, non sempre con obiettivi condivisi, prima, durante e dopo la realizzazione.
Nel caso della Nuvola l'attività di promozione dell'immagine attraverso schizzi e rendering, sia per la sua forza simbolica che per l'importanza del progettista, ha oscurato tutto il resto a partire dalla programmazione del suo funzionamento. 

Sandro lazier sul Centro Congressi di Fuksas
Apprezzo lo stile profondo e chiaro di Lazier, architetto filo-zeviano autore del blog antiTHesi e ho letto con interesse le sue considerazioni sul Centro Congressi. Giustamente rifiuta anche senza scriverlo chiaramente quel sottofondo infastidito (e invidioso) che demonizza l'edificio per colpire il cattivo Fuksas e usa l'architettura per battaglie politiche fini a se stesse. 
Due sono le ragioni principali su cui punta per difendere e analizzare il progetto senza condizionamenti: una riguarda i costi e l'altra la simbologia
Sulla prima sono perfettamente d'accordo nel senso che parlare di costi spropositati è molto discutibile dato che, come scrive giustamente Lazier, se le architetture dovessero nascere in ossequio a questa banalissima evidenza etica, Roma non sarebbe il capolavoro che conosciamo. Il costo alto in assoluto è una sciocchezza in una città così importante, in un luogo così strategico e per una funzione di tale livello; ha rilevanza solo se ci si concentra sulle carenze nella gestione e nella progettazione per non ripeterle in futuro. 
Sulla simbologia invece non sono troppo convinto, perchè è vero che è stata concepita per contenere sale ed auditorium in una configurazione informale rispetto all’involucro stereometrico che la ospita, ma è anche vero che la realizzazione con una scatola pesante e poco permeabile e il rivestimento anche se leggerissimo di un complicato e pesante sistema di nervature in acciaio che poggia su enormi strutture indebolisce molto l'idea simbolo, rendendola rispetto alla cittàmolto meno evidente della Teca e della Lama. 

Lama e Teca viste dal retro
La brillante intuizione di trattare con un colore scuro il rivestimento vetrato della Lama per renderne meno evidente l'interno temporaneamente vuoto, si sarebbe potuta replicare variandola naturalmente nel colore e nella tessitura sui fianchi della Teca, soprattutto su quello visibillissimo di viale Asia in asse con via Stendhal, per dissimulare il poco elegante groviglio di scale e pianerottoli che è il biglietto da visita per il visitatore che arrivi da lì e dare nello stesso tempo più forza alla visione frontale che meglio di tutte mostra la Nuvola.
Un altro aspetto che avrebbe contribuito a preferire una soluzione meno vetrata, almeno in alcune sue parti, è quello della pulizia sia nel senso della manutenzione con difficoltà e costi non difficili da immaginare che in quello metaforico dei dettagli che non sembrano molto curati.

Dettaglio della Teca su viale Asia
La questione urbana e quella della gestione del Nuovo Centro Congressi e in generale dell'Eur come porta sud non solo direzionale della città è probabilmente la più importante e allo stesso tempo la più preoccupante. La programmazione di eventi come Roma Sposa non sembra consona e ci si aspetterebbe sicuramente un respiro e un livello diversi per una città con il fascino senza tempo e il clima invidiabile di Roma. L'albergo, anche in conseguenza di questa difficile partenza, non trova acquirenti ed è ancora vuoto anche se il colore scuro lo dissimula. La triste condizione di ruderi delle torri vicine, l'utilizzazione scellerata dello spazio pubblico trasformato in garage e mercatino permanente e lo stato di semi abbandono di edifici e strutture museali importanti oscurano in maniera preoccupante lo splendore di un quartiere bello e completo che meriterebbe una ribalta internazionale che invece non riesce ad avere.

La Teca e gli scheletri delle Torri ex Finanze

In appendice qui di seguito trovate un paio di post con foto e considerazioni estemporanee scritte in passato sulla Nuvola e sull'Eur e pubblicati sulla pagina facebook omonima di questo blog, che ritengo utili e in qualche modo ancora attuali.

Nuovo Centro Congressi Eur (9 novembre 2016)


In attesa di vederlo bene dal vivo, se sarà mai aperto al pubblico come da volontà espressa dal presidente di EUR spa Diacetti, non resta che limitarsi ad alcune considerazioni generali.
Si tratta di un edificio complesso, ma anche in un certo qual modo di un complesso di edifici: la Nuvola, la Teca e la Lama. Uno, la Lama, è proprio separato come si vede bene dalla foto e ospiterà un albergo quando si troverà un acquirente; è scuro proprio per non mostrare che è temporaneamente vuoto. Gli altri due sono insieme, o meglio sono uno dentro l'altro; la Teca infatti è il grande involucro vetrato che contiene la Nuvola. La Nuvola quindi, quella che da il nome a tutto l'edificio, al complesso, è proprio l'oggetto menovisibile, la parte più "intima", quella che non dialoga con il paesaggio urbano dell'Eur. A pensarci bene è quasi un paradosso per un edificio progettato da un architetto "strabordante" come Fuksas che l'elemento più importante sia il meno visibile, quello che in nessun modo entra a far parte dello "skyline" romano.





Definire l'Eur un quartiere di ufficiè giusto, ma anche molto riduttivo visto che oltre ad avere elevate qualità paesaggistiche, verde diffuso con un bel parco e un laghetto, è anche un quartiere residenziale. Lo è soprattutto nelle aree meno centrali e meno conosciute, ma non solo. Basta osservare questa foto scattata dall'Archivio Centrale dello Stato per rendersi conto che proprio in primo piano a destra e a sinistra ci sono delle palazzine quasi inghiottite dallo sviluppo verticale dell'intorno. Subito dietro infatti si elevano a sinistra le torri ex finanze di Ligini dal futuro incerto e a destra l'hotel "lama" e il nuovo centro congressi prossimo all'apertura. Sullo sfondo della propspettiva di Viale Europa si vede in lontananza il tempio, la Basilica dei Santi Pietro e Paolo. Come detto quindi si tratta di un quartiere piuttosto vario, che potrebbe essere felicemente rilanciato grazie ai congressi, all'acquario in costruzione sotto il laghetto e se possibile anche al riutilizzo delle torri restaurate e al rilancio di alcuni musei poco valorizzati e visitati. Le potenzialità sono enormi e non mi dite che la Defenseè più bella perchè non c'è proprio paragone...

Málaga: alla ricerca dell'architettura

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Con un titolo così generico potrebbe diventare un post lunghissimo in eterno aggiornamento, quindi la cosa migliore è iniziare raccogliendo le foto frutto delle mie esplorazioni urbane alla ricerca dell'architettura nel senso più ampio, quindi di trasformazione della città attraverso la configurazione dello spazio. 

La Cattedrale detta "La Manquita" perchè incompleta
L'intento nonè quello di seguire la moda del momento e il gesto architettonico eclatante del famoso, quanto piuttosto di scoprire come la vita di una città viene cambiata e condizionata dagli interventi degli architetti, anche perchè la scena architettonica racconta molto della società che la produce. Quella spagnola, in cui Malaga certamente non fa eccezione, oggi è molto vivace ed è caratterizzata da una notevole fiducia nella capacità di adattare lo spazio urbano ai cittadini e al loro stile di vita approfittandone per fare una ricerca architettonica mai sopra le righe e quasi sempre attenta proprio al rapporto con la città. 

Ho già avuto modo di sottolineare in Spagna e Italia, così vicine, così lontaneche tale ricerca, in evoluzione ormai da molti anni come testimoniato nella bella mostra di qualche anno fa Arquitectura Española, 1975-2010, ha certamente preso le mosse anche dallo studio dei nostri maestri del Novecento quali Terragni, Figini e Pollini, Moretti e Libera.

"35+ Construyendo en democracia" - Madrid, 2010

Questo post insomma vuole essere un approfondimento di quel piccolo assaggio sull'architettura di Malaga pubblicato tempo fa con il titolo di el palmeral de las sorpresas, dove raccontavo la riqualificazione della zona portuale trasformata da deposito di containers a passeggiata lungomare in continuità con il centro.

Casa tipica del centro storico
La parte della città più visitata e apprezzata è sicuramente il centro storico pedonale, grazie a negozi, locali e ristoranti di ogni tipo e alla sua forma urbana caratteristica e accogliente punteggiata dagli edifici residenziali tipici. Però il mio obiettivo qui è quello di scoprire la città e l'architettura meno facile da conoscere e da vedere, quindi tralascio il centro che ho fotografato in lungo e in largo e lo rimando a un post futuro che forse non scriverò mai...

Paesaggio urbano tipico del centro storico

Ciudad Jardin, Conjunto Camino Viejo - Gonzalo Iglesias Sánchez Solórzano, 1920-1930

Il complesso in questione è solo una parte di quella che viene genericamente chiamata "Ciudad Jardin" comprendente in realtà edifici di epoche diverse e di tipologie anche più intensive e rappresenta un tentativo di un'urbanizzazione di qualità realizzata con materiali poveri. 

La strada del quartiere dedicata all'architetto

La scheda predisposta degli uffici urbanistici della città definisce "storicista" lo stile del complesso in cui l'architetto ha sapientemente utilizzato il laterizio e la ceramica per creare disegni elementari che, insieme alle coperture a quattro falde, conferiscono alle case e al quartiere un'interessante identità ancora oggi visibilissima.

Dettaglio di una delle case di Ciudad Jardin
Nonostante il tentativo di conservazione da parte dell'amministrazione, le case sono state nel tempo soggette a varie trasformazioni con aggiunta o chiusura di volumi. La cosa più singolare oggi è l'evidenza della divisione della proprietà sull'asse di simmetria della facciata, confine tra due mondi spesso inconciliabili e privi di comunicazione.

Il paesaggio urbano caratteristico di Ciudad Jardin

Edificio Gaudí - García Garrido & Ramos Guerbós, 1977

Questa torre per appartamenti mi ha subito colpito mentre aspettavo l'autobus in Avenida de Andalucia e naturalmente il collegamento con l'espressionismo di Gaudì è stato immediato. L'ho fotografata ripetutamente ancor prima di sapere che fosse tra le architetture più note e importanti della città e che i progettisti l'avessero proprio dedicata a Gaudì. Da notare, oltre ai virtuosismi sui balconi della facciata, il contrasto tra lato formale e lato informale con una parte cieca e la "galeria", una specie di loggia a servizio della cucina tipica delle residenze collettive spagnole che viene schermata ma lasciata libera alla circolazione dell'aria.

Le due facce dell'edificio


La facciata scultorea

Viviendas del antiguo Banco Exterior de España - Manuel Vázquez Molezún, 1981

Ecco un altro edificio che ho notato e apprezzato prima di sapere che il suo progettista fosse stato parte di uno dei punti di riferimento fondamentali per l'architettura spagnola moderna dal dopoguerra, lo studio Corrales y Molezún. Si trova in un punto centrale e strategico e non a caso segna il passaggio tra il centro storico e la parte più moderna. La sua caratteristica principale infatti è quella di una modernità ammorbidita da evidenti richiami alla tradizione architettonica, come l'uso di un materiale antico, il mattone, e del tetto a falde. L'eleganza della facciata con le persiane bianche scorrevoli e la forma poligonale che apre l'edificio alla complessità del contesto urbano dimostrano la maturità e la bravura dell'architetto.

Il lato verso il fiume e la città moderna

La facciata sull'Alameda Principal


UNIVERSITA'

Allontanandosi dal centro verso ovest in direzione Marbella si scopre un'area di sviluppo della città legata soprattutto all'Università che, una volta saturato lo spazio a ridosso del centro con il Campus El Ejido, si è sviluppata già verso la fine del XX secolo nel Campus di Teatinos servito dalla nuova metropolitana già uscita in superficie in una zona poco urbanizzata.

Il Campus Teatinos tra agrumi e pietra
Biblioteca General del Campus Teatinos


Escuela de Ingeniería Informática - José Antonio Corrales, 1995


José Antonio Corrales, scomparso quasi novantenne nel 2010 quando fu ricordato da Moneo su El Pais, è senza dubbio uno dei maestri dell'architettura spagnola del dopoguerra, di cui insieme al socio Ramón Vázquez Molezún è stato uno degli interpreti più attivi e sensibili alla modernità. Anche in questo edificio, non tra i suoi più noti realizzato quando aveva già varcato i 70 anni, si può notare un amore per la complessità e un attenzione al momumentalismo in chiave moderna. I volumi puri rivestiti in laterizio conferiscono all'edificio una certa solennità classica stemperata dall'ampio utilizzo di aperture non convenzionali e di elementi metallici. Il sistema di distribuzioneè quasi tutto all'aperto e sfrutta il clima mite della città.

Mattone, vetro e metallo nella facciata verso la strada


Elemento architettonico emergente

Veduta generale della complessità dell'edificio

Ciudad de la Justicia - flpsl arquitectos, 2006

Il nuovo complesso giudiziario occupa un lotto molto grande, si tratta di un enorme parallelepipedo di quattro piani poggiato su una base piena e il disegnoè il frutto della ripetizione quasi ossessiva dello stesso elementoarchitettonico già utilizzata per lo stessa tema ma in chiave classicista e metafisica da Chipperfield a Barcellona e a Salerno. Qui gli architetti nel dettaglioastratto ed elegante però sembrano più vicini agli Herzog & De Meuron di Milano che a Chipperfield. La nuova architettura connota fortemente, quasi come una porta o un grande segno, il paesaggio urbano di un nuovo quartiere in via di sviluppo imperniato su un enorme boulevard parco pubblico. Si può leggere qui tutta la fiducia degli spagnoli nell'architettura contemporanea come veicolo di progresso sociale ed economico e la capacità di animare l'urbanistica moderna con la forte coesione sociale conseguita con lo stile di vita.


Dettaglio dell'angolo

Il lungo prospetto

I quattro livelli aperti sulla base piena



Ciencia de la Salud - Juan Gavilanes Vélaz de Medrano, 2013

La Facoltà di Scienze della Salute è uno degli ultimi edifici dell'ampliamento del Campus Teatinos e si trova in un contesto quasi naturale tra il mare e il paesaggio interno. L'architetto ha lavorato abilmente con gli spazi esterni creando una serie di corti interne di forma irregolare collegate ad affacci sul paesaggio forte di un clima e una luce invidiabili. Il rapporto continuo di permeabilità tra interno ed esterno amplia l'edificio trasformandolo in un sistema ricco di prospettive e di visuali. Pochi colori e pochi materiali per volumi semplici e misurati. Un piccolo gioiello.

Le scritte sulla facciata come dettaglio architettonico
La corte più grande con accesso dall'atrio

L'architettura della corte della caffetteria


Fabbrica Birra Victoria - GANA Arquitectura, 2013


L'ultima opera di architettura contemporanea di Málaga l'ho vista dall'auto andando all'aeroporto, si tratta della Fabbrica della birra VICTORIA completata proprio nel 2017 su progetto di GANA Arquitectura. Mi è bastata un'occhiata veloce per apprezzare la semplice eleganza dei profili delle coperture, a capanna per disegnare la facciata di rappresentanza sulla strada e a sheds per far entrare la luce naturale negli ambienti della fabbrica vera e propria.

#romadallabici Piazza del Quirinale

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Nelle mie esplorazioni in bici del centro di Roma Piazza del Quirinale è una delle tappe fisse, sia perchè si trova sulla direttiva più comoda e più breve per raggiungerlo, sia perchè è uno dei luoghi più belli della città. La sua architettura, che potrebbe sembrare unitaria e conclusa in un periodo storico circoscritto, è in realtà il risultato di un lungo processo di aggiustamento e abbellimento durato secoli che ha visto impegnati papi e architetti almeno fino al 1866.
Una terrazza sulla città con al centro il cupolone

Tornando da villa Ludovisi ci siamo fermati a lungo in piazza Montecavallo, che secondo me è la più bella di Roma e del mondo. È assai irregolare ed è questo il difetto che trovano gli stupidi che non hanno alcun gusto personale. Si ha al centro la facciata laterale del palazzo del papa [...] A destra c'è il palazzo della Consulta, a sinistra una ripida discesa, oltre la quale si vedono tutti i più alti edifici di Roma; siamo infatti sulla sommità del monte Quirinale, quasi all'altezza dellla cupola di San Pietro, che si vede benissimo dall'altra parte, sullo sfondo, e che produce un effetto magnifico [...](Stendhal - Passeggiate Romane, 1829)

Le emergenze romane viste da piazza del Quirinale
La breve quanto esaustiva descrizione di Stendhal era stata già riportata da Vittorio De Feo nel suo libro su piazza del Quirinale, ma io l'ho fatto qui prima di averlo visto. Sarà una specie di deformazione professionale ad avermi fatto scegliere, come già fatto dall'illustre collega, la descrizione di uno spazio architettonico così importante e prestigioso fatta da uno scrittore, che ha anteposto l'amore per la città e il suo paesaggio alle considerazioni tecniche e stilistiche.

Scultura e architettura convivono spesso e bene a Roma
Il libro di De Feo è un documento fondamentale che ricostruisce dettagliatamente le vicende che hanno trasformato piazza del Quirinale dalla metà del XVI secolo alla fine del XIX attraverso la documentazione composta da iscrizioni, libri, disegni e vedute d'epoca.


L'ombra dell'obelisco sul palazzo della Consulta


Il motivo principale per il quale un luogo periferico e abbandonato si è trasformato nei secoli fino a diventare la residenza dei Papi, poi dei Re e oggi dei presidenti della Repubblica italiana, è la sua posizione elevata che garantiva anticamente una salubrità sconosciuta nel Campo Marzio, che era stato sempre un terreno umido e malsano. Grazie alla sua bellezza e salubrità la zona del Quirinale si riempì, tra la fine del XV e la prima metà del XVI, di residenze e giardini soprattutto grazie al gusto classicheggiante in voga in quel periodo tra gli uomini di chiesa.

La cupola di San Rocco si intravede tra i palazzi
Non ci sono dubbi sul fatto che il Quirinale si trovi in alto e nel paesaggio urbano romano anche fuori dalle viste panoramiche più note come il Gianicolo, Trinità dei Monti, l'Aventino e Monte Mario è sempre uno dei punti più elevati della città. Del resto il nome e il simbolo originari del rione Monti sono legati proprio alle alture che lo caratterizzavano: Viminale, Quirinale e Celio oltre a quelle della zona dell'Escquilino, Oppio e Cispio.

Il complesso del Quirinale visto dal Gianicolo

Anche dalle immediate propaggini del Rione Trevi di via della Dataria e dintorni - la piazza del Quirinale è un caso curioso di luogo diviso tra due rioni come l'omonima via, Monti sul lato sud-est del Palazzo della Consulta e Trevi a valle  - bisogna salire per raggiungerlo e non a caso si usa l'espressione 'salire al Colle'. 

La scala che da via della Dataria conduce alla piazza
 
La scala che conduce all'ingresso di via della Panetteria

Oggi la piazza è legata quasi esclusivamente ad attività istituzionali a cui si sono aggiunte quelle turistiche, quindi estranee in un certo senso alla vita cittadina, ma rappresenta comunque un esempio importante di costruzione della città in cui sono state fondamentali la determinazione della committenza e la capacità degli architetti di intervenire per migliorare e arricchire un luogo di cui rispettare le caratteristiche preesistenti. 

L'iscrizione testimonianza degli ultimi grandi lavori sulla piazza

La vocazione turistico-culturale è sempre più evidente; recentemente è stato aperto sulla salita di Montecavallo un ufficio che gestisce la vendita di biglietti e le prenotazioni per le visite al Quirinale e a tutte le sue proprietà e per la prima volta una mostra di Arte contemporanea sulle periferie italiane, “Da io a noi. La città senza confini”, è stata ospitata nelle prestigiose e bellissime sale del Palazzo con vista incredibile sulla città.


Dettaglio della scala che Mascarino realizzò alla fine del XVI secolo

L'uscita dalla mostra è avvenuta attraverso la meravigliosa scala elicoidale del Mascarino, sostenuta e ornata da colonne binate in travertino e illuminata dall'alto da una vetrata ellittica, opera poco celebrata realizzata alla fine del XVI secolo quindi dopo quella del Vignola per Palazzo Farnese a Caprarola ma prima di quella ben più famosa di Borromini per Palazzo Barberini. Ottaviano Mascarino (Ottavio Mascherino per De Feo) fu il primo architetto a progettare, su incarico del papa Gregorio XIII, quel vasto palazzo che oggi dopo secoli è il Quirinale.


La piazza livellata pavimentata in sanpietrini

Veduta panoramica di piazza del Quirinale

Il restauro delle Scuderie, conclusosi nel 1999 con la creazione di spazio espositivo tra i più prestigiosi e apprezzati della Capitale firmato da Gae Aulenti, rappresenta per il momento l'ultima trasformazione importante della piazza a consolidarne l'importanza. A parte la risistemazione degli interni si è resa necessaria la realizzazione sul retro delle scuderie, quindi invisibile dalla piazza, di un volume in ferro e vetro che accoglie tutto il sistema delle uscite di sicurezza dei numerosissimi visitatori e offre anche una notevole vista sulla città.

La facciata delle ex scuderie papali sulla piazza
Gianfranco Spagnesi, architetto esperto di cose romane, ha pubblicato nel 1990 un bel libro "La piazza del Quirinale e le antiche scuderie papali"in cui racconta la storia di tutto il complesso.  Vengono mostrate anche varie fotografie della piazza, in cui si vedono molti degli edifici colorati di rosso, prima degli ultimi restauri degli anni novanta che hanno riportato su tutto il complesso la tinta "travertino", un grande parcheggio davanti a quello che oggi è l'ingresso agli spazi espositivi delle scuderie e una rotatoria intorno alla fontana dei Dioscuri.

Piazza del Quirinale in una foto pubblicata sul libro di Spagnesi
Vedendo questa foto non ci possono essere grossi dubbi, la piazza attuale è molto più bella ed elegante, sia per i toni di colore usati che per la sistemazione della terrazza sulla città. Il documento quindi è molto utile soprattutto per rendersi conto che le trasformazioni nelle città sono inevitabili oggi più che mai e spesso avvengono in maniera così poco eclatante che noi cittadini spesso non ce ne rendiamo neanche conto.  
L'ultimo recente cambiamento, speriamo temporaneo, è legato alla sicurezza in ottica anti-terrorismo che ha costretto a chiudere il perimetro della piazza con fioriere e auto di servizio per impedire l'ingresso di mezzi lanciati in maniera criminale contro la folla.

Lampione, muro, balcone, finestre e cornicione
Per concludere delle note per i curiosi perchè se siete arrivati a leggermi fino a qui lo siete:
Perchè Quirinale? Dal Tempio di Qurino eretto proprio in quest'area in onore di Romolo.
Perchè MonteCavallo? Dalle enormi statue dei cavalli presenti lì da secoli.

Quanto è alto il Quirniale? Dal profilo altimetrico il 'colle' si trova a 48m slm.


palazzine in cerca d'autore

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Palazzine in cerca d'autoreè il titolo della mia informale e costante ricerca sull'architettura ele case di Roma, frutto della curiosità di conoscere i suoi autori molto spesso sconosciuti; perchè progettisti poco noti  e poco apprezzati o perchè è poco noto, nonostante gli studi e le pubblicazioni, che i progettisti di alcune opere mai apprezzate siano invece molto conosciuti.


Palazzine in cerca d'autore
Nella copertina le palazzine fotografate - sempre da me! - l'autore l'hanno trovato tutte: Bertinelli a via De Rossi, Pascoletti a Via Brescia, Monaco-Luccichenti a via Sassoferrato e Di Castro a viale Tiziano. Si rafforza quindi il significato più profondo di questa strana, personale, informale e volendo anche inutile ricerca; quello di scoprire le palazzine e l'architettura di cui raramente si parla e si scrive, ma che costruiscono il paesaggio della città.
La ricchezza formale di molte palazzine romane dell'epoca è notevole. Ho pensato proprio oggi di preparare un elenco di palazzine di qualità in cerca d'autore. Se ne vedono molte che potrebbero essere di Ridolfi o di un Luccichenti
P.S. ...e a volte lo sono.



 
Ugo Luccichenti - Palazzina in via Archimede (Foto Il Contrafforte)

L'idea ha cominciato a manifestarsi più chiaramente mesi fa quando ho condiviso un post de Il Contrafforte con la famosa palazzina di Ugo Luccichenti a via Archimede.

Il titolo quindi è ormai attivo da mesi sulla pagina facebook omonima di questo blog, dove ho pubblicato numerosi post di palazzine romane comprese quelle, in aumento, che l'autore lo hanno già trovato e per questo motivo in alcuni casi hanno avuto una seconda puntata.  

Proprio questa circostanza che amplia il tema con la variabile della scopertasuccessiva dell'autore, trasforma il significato del titolo in espressione della curiosità di conoscere gli autori delle molte palazzine che si incontrano girando per la nostra città e di registrare la bellezzadella città moderna nel suo complesso attraverso la conoscenza dei singoli episodi. 
 

Salvati e Bertinelli - Palazzina Salvati a Via De Rossi, 1952-55
La prefazione di un eventuale libro sulle Palazzine in cerca d'autore dovrebbe cominciare da questa in via De Rossi, strada del Nomentano notissima agli architetti per la presenza di edifici di Ridolfi, Sartogo, Ugo Luccichenti. Questa nella foto però non è nota e neppure il professor Muratore la conosceva. Fu infatti oggetto di un breve scambio di email in cui alla mia domanda con foto allegate (queste!) rispose "purtoppo, non ne ho la più pallida idea, ma mi piacerebbe molto saperne di più... mi faccia sapere". Scoprii a suo tempo (2012) che il progettista (e committente) era l'ingegnere Ubaldo Salvati (progetto 1953, variante 1955). Lì mi fermai, visto che il nome non era noto, non compariva nelle poche guide sull'architettura moderna di Roma, e lo giustificai con il clima generale molto positivo in cui era facile trovare ispirazioni felici. Non si è fermata però la mia curiosità per le architetture della mia città che continuo a esplorare sul campo e sui libri. Curiosità premiata. Oggi so, grazie a Luca Ciancarelli e al repertorio degli edifici nel suo bel libro "La palazzina romana" che la palazzina Salvati fu progettata insieme all'ingegner Renato Bertinelli che fu tra i progettisti del gruppo di Massimo Castellazzi (Stazione Termini, Biblioteca Nazionale) per il quartiere INA casa di Torre Spaccata a Roma (1958-60).

Di Castro/Fiorentino - Edificio residenziale in Viale Tiziano, 1955
Se quella in via De Rossi è la prefazione questa in viale Tiziano può esere l'introduzione; perchè  introduce sia il tema delle ex palazzine in cerca d'autore visto che  l'avevo notata e fotografata già prima di sapere che fosse di Angelo Di Castro (in collaborazione con Mario Fiorentino), la De Guttry ha messo la foto della facciata posteriore meno visibile e a mio avviso anche meno interessante e riuscita, sia quello dell'attualità dell'architettura dela metà del novecento perchè anticipa molti temi sviluppati anche in tempi recentissimi ad esempio negli edifici residenziali di CityLife.

palazzine in cerca d'autore - Parioli e Pinciano

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La prima puntata della serie non poteva che essere dedicata ai Parioli, quartiere simbolo della palazzina come espressione della borghesia, tanto cara agli "storici" dell'urbanistica moderna. 
Si tratta in realtà di una definizione più che altro geografica e sociale, visto che l'area che a livello amministrativo si definisce quartiere Parioli è meno ampia e non comprende molte zone che nell'immaginario collettivo ne dovrebbero far parte. Ho deciso quindi per comodità e facilità di orientamento di accorpare Parioli e Pinciano nello stesso post.
Tanto per fare un esempio, la famosissima palazzina Girasole di Luigi Moretti a viale Bruno Buozzi fa parte dell'adiacente quartiere Pinciano. Pensavate fosse nel quartiere Parioli vero?

Luigi Moretti - Palazzina Il Girasole, 1947-50

Il Villaggio Olimpico pur se socialmente e urbanisticamente molto diverso dalla città borghese delle palazzine fa parte dei Parioli e l'ho già raccontato ampiamente qui.




Quartiere II Parioli

Il perimetro del quartiere è delimitato in senso orario da via Salaria, Viale Liegi-Viale dei Parioli-Viale Maresciallo Pilsudski, Via Flaminia, il Tevere e l'Aniene (vedi foto sotto).


Mappa quartiere Parioli da Google Maps


Angelo Di Castro (con Mario Fiorentino) - Palazzina in viale Tiziano, 1955
  
L'avevo notata e fotografata già più volte molto prima di sapere che fosse di Angelo Di Castro.

Di Castro a viale Tiziano
Quindi ha già l'autore però non è particolarmente nota, la De Guittry nella scheda ha messo la foto della facciata lunga opposta a questa delle foto, meno visibile e meno interessante.
In effetti le palazzine moderne note a Roma sono al massimo 10 o 20 e tutti parlano e scrivono sempre sulle stesse. Io invece mi interesso alle altre, a quelle che si conoscono poco e non compaiono quasi mai sulle poche guide di Roma Moderna.






































Monaco-Luccichenti - Palazzina in via Tommaso Salvini, 1952-53
Questa palazzina affaccia lateralmente su piazzale delle Muse e si trova a due passi dalla Salvatelli di Gio Ponti e dalla Bornigia di Ugo Luccichenti in una zona ad alta densità di palazzine d'autore (e non...). Non so ancora di chi sia, ma la trovo molto interessante soprattutto per lo sviluppo planimetrico molto articolato. Il prospetto principale asseconda la curva della strada frammentandosi in tre blocchi; quello principale caratterizzato da fasce di finestre e rivestimenti in laterizio con travi esposte in facciata e due simmetrici più piccoli caratterizzati da ampi balconi quadrati con parapetti vetrati. I lunghi prospetti laterali intonacati mai banali sono caratterizzati da finestre ben ritmate e da balconi che alleggeriscono gli spigoli.

Palazzina in via T.Salvini
Poi ho scoperto che era, indovinate un po', di Monaco-Luccichenti datata 1952-53. 
La palazzina romana è un'architettura semplice: molti architetti la disegnano per una vita e alla fine il progetto è di Monaco e Luccichenti (semicit.)

[Liberamente ispirata alla famosa frase di Gary Lineker "Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince"]


Palazzina in via Giacinta Pezzana - Anni Cinquanta (?)

La palazzina è a via Pezzana, strada paesaggisticamente bellissima che dalla Moschea sale fino a piazzale delle Muse, conosciuta forse da alcuni addetti ai lavori per il 'villaggetto' azzurro realizzato da Lugli a valle tra la Moschea e il circolo Acqua Aniene.
L'edificio proprio per la sua posizione ha una doppia faccia. Un fronte verticale con leggere rastremature, ordinato e geometrico, caratterizzato da finestrature a nastro a filo facciata e arretrate su balconi e un retro a gradoni dove si ricavano ampie terrazze con affaccio sulla valle del Tevere.
Il piano terra fa da zoccolo e si apre sul lato sinistro per l'ingresso segnato dallo scultoreo sistema strutturale travi-pilastro a vista a sottolineare l'asimmetria complessiva.
Interessanti anche i prospetti laterali a sviluppo orizzontale con i tre balconcini a segnare la linea obliqua di chiusura a valle costruita dalla conformazione delle terrazze.
Si nota anche un leggero allargamento del corpo di fabbrica nelle ultime due campate verso la strada che contribuisce a rafforzare la dinamicità del volume.



Palazzina in via Pezzana

L'opera dimostra capacità e ambizioni che fanno pensare ad un progettista affermato e il linguaggio architettonico abbastanza tipico degli anni cinquanta è caratterizzato da elementi normalmente utilizzati dallo studio Monaco-Luccichenti, punto di riferimento fondamentale per l'architettura romana del periodo che ha realizzato una palazzina a poche centinaia di metri.



Quartiere III Pinciano

Il perimetro del quartiere è delimitato in senso orario da via Salaria, Corso d'Italia, viale del Muro Torto, via Flaminia, viale Maresciallo Pilsudski-viale dei Parioli-viale Liegi (vedi foto sotto).
 
Mappa quartiere Pinciano da Google Maps

Monaco-Luccichenti - Edificio per negozi e abitazioni in via Denza, 1955-56

Nella serie delle palazzine che hanno trovato l'autore c'è questa molto ben visibile allo sbocco su viale Pilsudski/Parioli anche grazie alla notevole varietà del suo impianto planimetrico e volumetrico. Si nota soprattutto l'angolo con i balconi che si protendono liberi e a sbalzo verso viale Parioli dopo aver sfruttato il sostegno di un pilastro. Un'altra particolarità è la presenza dei negozi al piano terra che rafforzano la connotazione urbana dell'edificio. In generale nella planimetria non esistono due lati o due prospetti paralleli, un'architettura guidata dalla mano felice degli autori piena di invenzioni ben pensate e calibrate. Le foto sotto purtoppo oltre a mostrare la ricchezza architettonica (e non bastano!), certificano segni di degrado che sarebbe bello sanare.  
Gli autori sembrebbero essere i soliti Monaco e Luccichenti e dovrebbe risalire agli anni 1955-56. I favolosi anni cinquanta dell'architettura romana. 
Se non ne siete ancora convinti proseguite e fatelo a maggior ragione se lo siete.

Palazzina in via Denza

Monaco-Luccichenti - Villino Sacer in via Sassoferrato, 1951-52

L'edificio viene definito villino e non palazzina anche se l'altezza è superiore ma sappiamo che la palazzina è uno sviluppo del villino, una densificazione nata costruendo ma mai realmente stabilita o programmata dal Comune di Roma come tipo edilizio.
Con l'occhio allenato è bastato uno sguardo veloce dalla bici per capire che qui c'era lo zampino di un Luccichenti (mi riferisco ai fratelli Ugo e Amedeo che però lavoravano separati, quasi quasi propongo una serie architettonica per la TV intitolata "I Luccichenti"). 
La citazione di Le Corbusier con la rampa in facciata sembrerebbe evidente, anche se rispetto a Pessac l'inclinata è molto più dolce e i parapetti trasparenti si staccano nettamente dal volume in chiave funzionalista. Il purismo di LC superato dal senso pratico romano?
Questa palazzina, come varie altre, ha trovato l'autore grazie a ricerce bibliografiche non facili.
Ormai quindi è più che evidente che il titolo è diventato più un filo conduttore della ricerca informale e sempre più ampia, frutto della mia curiosità, che mischia autori noti e ignoti.

Villino in via Sassoferrato

Monaco-Luccichenti - Palazzina Palladium in via Archimede, 1950-52
A pochi passi da opere molto più famose di Piccinato, Franzi e Ugo Luccichenti e da un'altra realizzata da loro, in una delle strade romane con la più alta densità di palazzine d'autore troviamo l'ennesima opera romana dello Studio Monaco Luccichenti realizzata nel 1950-52 per la Cooperativa Palladium. Si trova nel tratto che affaccia verso l'Auditorium quindi con il fronte libero piuttosto ordinato con le fasce dei balconi a disegnare tutta la larghezza ma liberati solo sugli angoli.  La bellezza della vista  probabilmente ha suggerito una particolare conformazione a ventaglio e il rettangolo si sfoglia ripetutamente sui due prospetti laterali per permettere la vista diretta. Soluzione molto raffinata e impegnativa quanto difficile da cogliere dalla strada (al momento non ho foto che lo documentano) e simile a quella adottata anni dopo nella vicina via del Pollaiolo anche se con una conformazione geometrica più semplice.


Palazzina Palladium in via Archimede
Palazzina Salita dei Parioli - Anni Quaranta (?)

La palazzina ha un affaccio notevole sull'area Flaminia con un prospetto piuttosto informale apparentemente simmetrico. Presenta caratteri moderni evidenti ma misurati, come la vetrata 'funzionalista' del corpo scala, il raggruppamento a nastro delle finestre, la pensilina a piano terra e il disegno di recinzione e cancello. Pensavo fosse dei soliti Monaco e Luccichenti che hanno anche realizzato un casa a pochi metri di distanza ma nessuno gliela attribuisce. Il prolifico Mario Marchi ha usato almeno un paio di volte nei primi anni cinquanta vetrate tipo questa a segnare il corpo scala anche se in maniera meno enfatica, ma non sembra decisivo. Insomma resta in cerca d'autore.

Palazzina Salita dei Parioli


Pietro Lombardi - Palazzina in via Gramsci, 1955

In una strada famosa per altri edifici come la Facoltà di architettura di Del Debbio, la British School di Edwin Lutyens, la palazzina di Pietro Barucci all'angolo con via dei Monti Parioli e la Giammarusti dello stesso Pietro Lombardi con la sua bella curva che affaccia su viale Bruno Buozzi, ho scoperto questa interessante e particolare palazzina datata 1955 e attribuita allo stesso Lombardi. Mi piace il rivestimento in mattoni, il segno molto marcato dei balconi e il telaio a vista che dall'angolo sale in copertura e con la sua leggerezza contrasta la massa piena. Bloccato e meno riuscito invece il lato destro del prospetto dove le grandi finestre, pur interessanti per il disegno quadrettato e il risvolto sull'angolo, sono state poste simmetricamente ai lati di una più piccola e meno rappresentativa sulla quale invece si concentra inevitabilmente l'attenzione.


Palazzina in via Gramsci


Palazzina in via Paisiello - Anni Quaranta (?)

Qui siamo a via Paisiello, strada famosa come roccaforte dei Busiri-Vici e per la sopraelevazione moderna di Ridolfi sull'eclettico villino Alatri (si vede in primo piano nella foto a sinistra).
La palazzina che mi interessa è questa molto ordinata ed elegante con rivestimento in cortina, facciata asimmetrica con pieno a destra e vuoto delle ampie logge a sinistra e tipico telaio scherma-sole in copertura. Ennesimo esempio di qualità architettonica diffusa nella Roma moderna.

Palazzina in via Paisiello


 Palazzina in via Bertoloni - Anni Quaranta-Cinquanta (?)

Non molto lontano dalla precedente di via Paisiello, ma quasi agli antipodi nel linguaggio architettonico, questa palazzina in via Bertoloni si nota sia per la sua evidente modernità in un tratto di strada caratterizzato da villini del primo Novecento che per l'ardito disegno dei balconi perimetrali. Dove la precedente sembrava riprendere l'ordine delle prime lezioni dei maestri razionalisti, questa strizza l'occhio alle correnti organiche con un'abbondanza di linee spezzate.

Palazzina in via Bertoloni

Monaco-Luccichenti - Villino in Via B.Oriani, 1952-54

L'ennesima palazzina firmata Monaco-Luccichenti si riconosce grazie al linguaggio costituito dai soliti elementi come le finestre a nastro e i balconi a loggia su strada, le facciate piene con bucature ben ritmate sui fronti laterali e gli ampi balconi aggettanti con mensole a vista e parapetti trasparenti.
La composizione dei volumi però non è mai la stessa e anche qui si sfida l'ortogonalità creando una angolo acuto tra il volume purista (LC si vede molto bene) e quello più costruttivista in cui si inverte il rapporto pieno-vuoto in facciata con parapetti a campitura verticale dal sapore 'industriale' e con ampi balconi a disegnare l'angolo si sfrutta l'affaccio posteriore sul verde di Villa Glori. 

Villino in Via B.Oriani

Palestra del Foro Italico - post scriptum

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Luigi Moretti - Palestra del Foro Italico, 1936-37

[Proseguimento ideale del post palestra del foro italico scritto tempo fa]

Questo interno moderno romano è talmente poco noto e fotografato che Archidiap (Sito di condivisione di contenuti di architettura gestito dal Dipartimento di Architettura e Progetto de La Sapienza di Roma) ha inserito il link al post che ho scritto anni fa sul mio blog.
 
Scala/Staircase 1/2


Scala/Staircase 1/2

Probabilmente un motivo per cui se n'è sempre saputo così pocoè che si tratta di un interno non aperto al pubblico, ospitato nel complesso delle piscine progettato da Costantino Costantini.

Scala/Staircase 2/2
Scala/Staircase 2/2

Il rivestimento in marmo è estremamente espressivo e decora l'ambiente. Gli studiosi infatti hanno evidenziato il lato artistico molto marcato della personalità poliedrica di Moretti in rapporto a questa scelta così 'pittorica'.

Pareti/Walls 1/3

Pareti/Walls 1/3

Una caratteristica di questo interno è l'utilizzo di pochissimi elementi per delimitare lo spazio. Ci sono solo due pareti a definire l'area della palestra, oggi sala congressi. Nessuna delle due arriva a toccare quella perimetrale rendendo così lo spazio più dinamico.
Inevitabile associare questa scelta alla ricerca europea contemporanea, in particolare quella di De Stijl sviluppata anche da Mies van der Rohe.


Pareti/Walls - 2/3
Pareti/Walls - 2/3


Finisce nell'angolo l'analogia con il Padiglione di Mies, pur evocata dai muri liberi rivestiti in pietra pregiata a disegno che delimitano gli spazi senza chiuderli.
Con la curva Moretti afferma la continuità tra i piani ortogonali, insegnamento barocco già sperimentato nel rivestimento esterno della Casa delle Armi e applica il sentimento romano alla grammatica architettonica moderna.
Pareti/Walls - 3/3
Pareti/Walls - 3/3

Istituto di Fisica

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Giuseppe Pagano
Istituto di Fisica
Città Universitaria
Roma 1932-35


F I S I C A


L'uso dei caratteri tipografici come decorazione delle superfici architettoniche che vediamo nella Città Universitaria di Roma oggi viene utilizzato diffusamente dagli architetti spagnoli ma non da quelli italiani.
[The use of typographic characters as decoration of the architectural surfaces that we see in the University City of Rome today is widely used by Spanish architects but not by Italian ones.]


In realtà la Città universitaria di Roma, al di là delle strategie generazionali, segna una temporanea ma sincera alleanza tra due protagonisti, Piacentini e Pagano, fino ad allora collocati su fronti alternativi che dura almeno fino al 1937 e ha la sua consacrazione nella mostra della Triennale del ’36 dedicata all’architettura italiana [...]
Nella Facoltà di Fisica, costruita nel contesto della Città universitaria, l’architetto subisce solo in piccola parte il peso del compromesso di cui viene accusato dai suoi compagni di cordata e costruisce un edificio in cui esprime in pieno quell’orgoglio della modestia che aveva scelto come insegna del suo lavoro. [...]
(Paolo Portoghesi - La Città universitaria esempio di un’altra modernità - Roma 2016)


L'angolo e la curva/The corner and the curve
Nonostante Pagano fosse sostenitore convinto del linguaggio architettonico Moderno, la struttura verticale del suo edificio è costituita per la maggior parte da murature portanti spesse circa 60cm.
[Although Pagano was a staunch supporter of the Modern architectural language, the vertical structure of his building consisted for the most part of bearing walls about 60cm thick.]


 
 
Finestre orizzontali/Horizontal windows


Non sembra che Pagano abbia rispettato le indicazioni progettuali di Piacentini sullo sviluppo verticale delle finestre.
[Pagano does not seem to have respected Piacentini's design guidelines for vertical window development.]



F I S I C A (ante litteram)


L'edificio si sviluppa intorno ad una corte quadrata ma la sua semplicitàè solo apparente. Il travertinoè stato utilizzato per lo zoccolo dell'edificio e per il piazzale di ingresso, mentre il resto dell'edificio è rivestito quasi interamente in litoceramica.


Rivestito in mattoni/Covered in bricks
  

Monaco e Luccichenti

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 Amedeo Luccichenti (1907-63)

Vincenzo Monaco (1911-69)

 

Ho scelto questa copertina delle ville sovrapposte a Salita dei Parioli per una serie di motivi che forse spiegano anche la necessità di pubblicare questo post.

Innanzitutto perchè questa architettura dalle forme e strutture moderne ma ambientata con materiali localiè bellissima e attuale;

poi perchè Vincenzo Monaco la scelse come casa propria, lo so dal figlio Edoardo Monaco, erede dello studio, che mi ha chiamato dopo aver letto l'articolo-intervista di Giuseppe De Filippi su Il Foglio;

infine perchè la costruirono insieme all'architetto "Dino"Minciaronie uno dei suoi eredi, che usciva mentre stavo scattando le foto mi ha chiesto, a proposito di Monaco e Luccichenti: "...poi che è successo, li avete dimenticati?"


Quale migliore omaggio a Roma Moderna, così trascurata quando non disprezzata, che una serie di fotografie, tutte mie naturalmente, di alcuni dei molti edifici realizzati dallo studio forse più moderno della Capitale e ben visibili ancora oggi a chi abbia voglia di guardarli?

 

Palazzina in viale dei Parioli

Roma 1949

Opera selezionata dal Mibact

 

Facciata principale

 

Palazzina in via Ombrone

Roma 1949-50

Opera selezionata dal Mibact

 

Disegno
 

 

Palazzina SACEC, via del Circo Massimo

Roma 1950-51

Opera di eccellenza per il Mibact

 

 

Moduli
Gradazioni di verde


 

Palazzine Antares, via di San Valentino

Roma 1951

Facciata a fiori

 
La minore

Palazzina Cooperativa Palladium

Via Archimede, Roma 1950-52

Ampliare la vista
Orizzontalità


Palazzina Palatina Domus, via del Circo Massimo

Roma 1951-52

  Opera di eccellenza per il Mibact

Villini gemelli sul mar Tirreno

Santa Marinella (Roma) 1952-54


Case al mare

 

Palazzina Giammarusti, via Fratelli Ruspoli

Roma 1953-54

 Opera selezionata dal Mibact
 

I Luccichenti
 

Casa a ville sovrapposte Minciaroni

Salita dei Parioli, Roma 1949-55
 

Due Palazzine, Via Ximenes 3

Roma 1952-53

Piastrelle colorate

 

Sede uffici SIAE (oggi Facoltà di Architettura)

Via Gianturco, Roma 1951-54
 

Il lato migliore

La scala interna

Villino in via di Villa Sacchetti

Roma 1952-54
 

 Palazzina in viale di Villa Grazioli

Roma 1952-55

Purismo romano

 

Dettagli moderni


Edificio per uffici, Via Guidubaldo del Monte

Roma 1954-55

Travi a vista

Fronte su Via Guidubaldo del Monte

 
 
Case in linea, Villaggio Olimpico
Roma 1957-60
 
 
 


Quartiere verde


Il Villaggio Olimpicoè opera di un gruppo nel quale spiccano da sempre Libera e Moretti, autori di due diverse serie delle famose case a croce; non avevo mai letto altri dettagli ma Paolo Melis nella sua monografia su Monaco e Luccichenti ha ricostruito il lavoro di ciascun progettista su lotti ed edifici.
 

  Terminal Aeroporto di Fiumicino

Roma 1957-61
 
Disegno moderno

 Palazzo della  Confindustria

Roma 1958-74
 

Se volete approfondire potete andare in giro per Roma, museo a cielo aperto anche del Moderno, e comprare la monografia Electa, scritta da Paolo Melis e fortemente voluta da Edoardo Monaco, da cui ho tratto gran parte delle informazioni sugli edifici, provenienti dall'archivio Monaco-Luccichenti.

Inseguendo Lafuente

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Alla luce del panorama odierno dell'architettura in Italia e in Spagna e della scarsa conoscenza, dovuta a motivi storici e ideologici, dell'architettura italiana e soprattutto romana degli anni cinquanta, la vicenda professionale di JulioLafuenteè piuttosto incredibile.
 
Villini in via Conca, Roma 1964
 
Molti si sono accorti dell'esistenza di Julio Lafuentesolo in tempi recenti grazie alla "condanna" un tempo quasi certa alla demolizione delle sue tribune che si trovano dove dovrebbe sorgere il nuovo Stadio della Roma a Tor di Valle.
 


Il racconto segue il filo dei miei incontri, quasi sempre casuali e a distanza di anni, con le architetture di Lafuente, inquadrati però a posteriori nella vicenda dell'architetto raccontata da tutti quelli che se ne sono occupati

Julio Lafuente (1921-2013)

Nel 1952 ad un architetto spagnolo che voleva andare a New York perchè si era innamorato del Seagram Building di Mies e voleva costruire, consigliarono la più vicina Roma dove l'architettura moderna si stava sviluppando molto nei villini e nelle palazzine dei Parioli (Julio Lafuente: Visionarchitecture).
 
Ormai a Roma Lafuente si imbatte nella palazzina Girasole di Moretti, ne rimane folgorato e decide di andare a lavorare per lui. Brutti tempi però per Moretti che si lamenta di essere emarginato perchè fascista, ha poco lavoro e pensa di trasferirsi a Milano. Gli consiglia però, dopo averlo invitato a cena, di rivolgersi allo studio Monaco-Luccichenti che lavorava molto e cercava sempre collaboratori, ma senza dire che ce lo aveva mandato lui.
 
 
Villini a Santa Marinella (RM), 1953
Passeggiavo anni fa a Santa Marinella fuori stagione quando mi sono imbattuto in questi villini gemelli che ho immediatamente fotografato riconoscendone il valore architettonico nonostante il degrado e ignorando di chi fossero. 
Sembra siano stati il test di ammissione per Julio Lafuente allo studio Monaco-Luccichenti, evidentemente riuscito, grazie ad un sapiente dosaggio di Le Corbusier e spirito mediterraneo.
 
 
Via San Crescenziano, Roma 1950-52
 
Fronte su via Salaria

Via San Crescenzianoè una piccola strada privata del quartiere Trieste, zona piazza Vescovio, che nessuno conoscerebbe se non ci fosse una delle palazzine romane più famose. Indovinate un po’ di chi? Naturalmente dello studio Monaco-Luccichenti in una delle sue realizzazioni più eleganti e lecorbusieriane.
Quando mi inoltrai anni fa nella stradina con la macchina fotografica e un signore, forse un portiere, mi chiese subito: “che stai a cercà Monaco e Luccichenti?”, notai subito anche la vicina, chiaramente anche lei di valore architettonico, con linguaggio e scelte formali abbastanza simili. 
 
 
A quanto pare però, nonostante il pellegrinaggio di architetti e appassionati, quasi nessuno si era interessato alla vicina, sulla quale invece io mi sono subito concentrato, povera palazzina vista ma ignorata da tutti, ancora di più dopo aver apprezzato il bellissimo fronte sulla Salaria visibile anche da villa Ada.
Si potrebbe ipotizzare che la palazzina sia frutto delle prime sperimentazioni“espressioniste” di Julio Lafuente nel nuovo studio romano. 
L'ingresso alla palazzina Domus da via di San Crescenziano (foto sopra) è un piccolo gioiello di eleganza, nella geometria, nel ritmo delle scansioni degli infissi, nei materiali, nei colori e fa una splendida figura ancora oggi.
 

 
Via Vitellia, Roma 1955
 
Incredibilmente è successo un'altra volta. Ero a Villa Pamphili"in borghese", senza macchina fotografica, per altri motivi e anche con sentimento bucolico, ma non ho potuto fare a meno di notare la palazzina che vedete nella foto.
Ho poi scoperto grazie al libro di Muratore e Tosi che è di Lafuente e Rebecchini, si trova in via Vitellia e risale al 1955, a conferma che la mia piccola ricerca si chiama Inseguendo Lafuente ma è lui che mi ha inseguito.
 
 
Intensivo Trastevere I, Roma 1955


 Intensivi Trastevere I-II, Roma 1955-57
 
La linea forse segna anche il passaggio dal linguaggio 'razionalista' appreso e sviluppato nello studio di Monaco e Luccichenti a partire dal 1953 a quello più 'organico' che caratterizzerà la sua esperienza professionale autonoma.
 
 
 Intensivo Trastevere II, Roma 1957
 
 
 

I balconi di forma trapezoidale diventano quasi una firma per gli intensivi di Lafuente e forse sono stati anche il modo per conquistare la completa indipendenza dai maestri Monaco e Luccichenti.
 
 
Villino Gargan, Roma 1958
 
 
 Casa Tabanelli, Roma 1961

Villa a Palo laziale (RM), 1963
 
Villa Lancellotti, Palo Laziale 1963

Questo incontro con l'architettura di Julio Lafuente è stato probabilmente il più difficile da decifrare vista la distanza della sua opera dal recinto che costeggia la spiaggia. La dimensione della copertura però la fa notare e infatti ho catturato questa immagine inaspettata in una zona che frequento sin da bambino ma in un breve tratto di costa mai percorso prima.
 
 
 Via di Villa Betania, Roma
 
 
 
 Villa Fiorita, Roma 1965 

 
 Via Conca, Roma 1964
 

Quando ho affrontato in bici la salita di via dei Monti Parioli non sapevo che Lafuente avesse realizzato questo piccolo complesso residenziale e infatti non stavo cercando lui ma ho imboccato questa piccola strada senza uscita e verso la fine ho notato e fotografato questa architettura particolare, ben calibrata ma piena di inventiva e personalità scoprendo poi che era sua.
 


Finestre verticali
 
 
 Intensivo Trastevere III, Roma 1970
 
Trapezi

 
Prospetto spigoloso
  
 
Intensivo via Ippolito Nievo, Roma 1974-77
 
Le foto sono tutte mie - @dovelarchitetturaitaliana, Stefano Nicita - tranne quelle delle tribune di Tor di Valle e del ritratto di Lafuente, citate tramite link.



Palazzine in cerca d'autore - Quartiere Trieste

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Spinto dalla voglia di riscoprire Roma con occhi nuovi, ho intrapreso una ricerca fotografica sull’architettura moderna residenziale meno conosciuta e raccontata e l’ho chiamata Palazzine in cerca d’autore. La grande scopertaè che la bellezzaarchitettonica, complici la luce particolare, il verde e la varietà, si trova anche fuori dalle Mura Aureliane. 

Corso Trieste

Geometrie flessibili

Il movimento della facciata e le forme trapezoidali di questo interssante edificio residenziale con negozi al piano terra e un lungo fronte su Corso Trieste, richiamano gli intensivi di Lafuente a Trastevere ma con materiali diversi e un effetto più astratto e minimalista. Qualità urbana ad alta densità.

Linee spezzate


Il tema della bellezza di Roma può non sembrare nuovo, ma la mia ricerca si rivolge al Moderno, dagli anni ’20 ai ’70 del Novecento, periodo poco esplorato quando non disprezzato. La grande fiducia nel futuro e la vitalità chein quel periodo caratterizzavano la società romana nel suo complesso si sono chiaramente espresse al meglio anche nella costruzione e nell’architettura.
Credo che la ricerca della bellezza poco celebrata di Roma, più legata alla modernità e di fatto più vissuta dai cittadini, possa offrireanche un contributo importante al suo riscatto, grazie alla comprensione del ruolo sociale dell’architettura in cui gli abitanti possano riconoscere qualità e significato per ricostruire l’immagine e la vita stessa della città.


Via Tagliamento

Composizione urbana

A via Tagliamento, strada nota per il quartiere Coppedè, il Piper, l'intensivo di Ugo Luccichenti e le case Incis di Pirani, ho notato almeno tre palazzine anni '50-'60 molto interessanti e tra loro più differenti che somiglianti ma con caratteristiche e linguaggio pienamente moderni

Tessuto architettonico

La prima, che sono poi due collegate, si potrebbe dire in ottimo equilibrio tra razionalismo ed espressionismo, con in evidenza le pensiline di copertura sagomate e le pareti traforate a disegno per proteggere delle logge di servizio.

Persiane scorrevoli

La seconda la definirei tecnologica, per il disegno sapiente della facciata tramite  l'uso di materiali diversi come cotto, legno, ceramica e intonaco, con le persiane scorrevoli ad oscurare sia le ampie finestre che le logge. 

Minimalismo romano

La terza, minimalista, affida il disegno della facciata alle fasce dei parapetti, che sbordano a formare lo spessore dei balconi laterali, e all'elegante alternanza tra finestre a nastro e logge a segnare l'orizzontalità del prospetto.

 

Via delle Isole

Balconi-facciata


Una delle più grandi qualità dell'esteso e popolato quartiere Trieste è quella della sua varietà, che secondo me, anche in questo caso a dispetto della narrazione prevalente degli storici urbani, è propria di quasi tutta la città di Roma e si esprime bene nei diversi modi di abitare possibili.

Viale Gorizia

Alternanza

Questi ampi balconi con stampi decorati mi hanno ricordato F.L. Wright e il figlio del costruttore mi ha confermato che il progettista della palazzina dei primi anni '70, l'ingegner Ammannati, era un suo grande ammiratore.

 Piazza Annibaliano

Fronte isolato su via Spalato

A me questo prospetto piace molto, per i materiali e per il movimento dei volumi che ha permesso anche la creazione di terrazze al primo piano sopra la fascia commerciale, per evitare l'effetto troppo incombente dell'altezza. Un piccolo manuale su come costruire la città densa che si trova proprio in una zona demonizzata da tutti e quindi osservata da pochi.

Dettaglio prospetto su via Spalato

Quasi tutto l'isolato compreso tra Corso Trieste, via Spalato, via di S. Costanza e via Cattaro è di elevata qualità architettonica e urbana, come si può vedere dalla cura nel disegno delle facciate, dove probabilmente ci sono anche mani diverse, ma purtroppo non so nulla dei progettisti.

Fronte su via di S. Costanza

  

Segue parte II...

Palazzine in cerca d'autore - Quartiere Trieste II

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 Via Nomentana

Moderno con pietra

L'elegante disegno di questa facciata su via Nomentana con le variazioni di pieni e vuoti verticali, i parapetti sagomati con parti in muratura e parti in vetro non allineate e i rivestimenti in pietra mista, mi ha ricordato il linguaggio di alcune opere di Monaco e Luccichenti, quindi sarà di qualche loro ammiratore. 

 

Via Tripoli

Vetrate
 

Si è sempre dettoche Roma è prevalentemente una città di palazzine ma non è vero che questo uniforma l'ambiente urbano. Basta osservare il quartiere Trieste per averne la prova, sia dal punto di vista architettonico che abitativo. Proprio questa varietà mi ha spinto a dividere il quartere in due parti: la prima è la zona sud, forse meno densa, fino a piazza Annibaliano, la seconda più intensiva e commerciale fino al fiume Aniene.


 Via Mogadiscio

L'angolo di questa palazzina che si trova propria sul primo tratto in salita, è ben visibile da via Tripoli e si fa notare per delle forme curve, quasi portoghesiane, che animano un impianto altrimenti rettangolare e piuttosto regolare.

 

Viale Libia

Angolo aperto

Questo intensivo che affaccia su piazza Sant'Emerenziana, oltre ad un ordinato minimalismo animato da angoli quasi espressionisti, vanta un paio di motivi di interesse: il primo è di essere stato immortalato negli anni '80 da Thomas Struth, famoso fotografo della scuola di Düsseldorf, il secondo perchè al mattino il telaio di copertura del noto intensivoanni '50 di Ugo Luccichentiche si trova di fronte fa ombra sul suo prospetto.

Intensivo dolce

Ugo Luccichenti, Intensivo, 1953

 Via Selci in Sabina

Ho fotografato questa palazzina mesi fa perchè mi aveva colpito molto la bellezza del disegno dei prospetti e della copertura, quasi certo che fosse di un bravo progettista ma che non si sarebbe saputo chi fosse. Invece quando ieri l'ho pubblicata su Instagram e Facebook, mi hanno detto che è di Ugo Luccichenti, risale al 1955 ed era nel programma di Open House del 2016.

Pensiline
 

Via Orvinio

Paolo Russo, Villino, 1972

 

Via Casperia

Villino con abside

Nonostante sia stato costruito prevalentemente tra gli anni '20 e '70 del Novecento, presenta linguaggi architettonici diversi che vanno dall'eclettico al barocchetto e dal razionalismo e post-razionalismo all'organico. Questo villino immerso nel verde e in un'atmosfera quasi suburbana, si trova a due passi dall'arteria commerciale, piena di edifici intensivi, che attraversa il quartiere.

 

Via Rocca Sinibalda

G.Gandolfi, palazzina, '50-'60
   

Nel cosiddetto quartiere africano convivono due scale urbane molto diverse a distanza ravvicinata. Il tracciato di viale Libia-viale Eritrea infatti è più basso rispetto alle strade parallele, come questa, per cui gli intensivi di 6-7-8-9 piani spesso arrivano alla stessa altezza di villini e palazzine intorno.


Paolo Russo, Villino, 1957

Piazza Palombara Sabina

Trovo piuttosto interessante l'architettura dal sapore moderno di questi due villini collegati attraverso un ponte vetrato, nonostante le numerose superfetazioni che, come in molti altri casi, rendono più difficile apprezzarli.

 


 


Via Mascagni

Scomposizione
 
Via Mascagniè una bella strada in posizione dominante e la facciata di questa palazzina si vede benissimo dalla ciclabile dell'Aniene; riconoscendola giorni fa ho avuto l'impressione che fosse una specie di composizione artistica astratta ma funzionale e geometricamente inquadrata.
 

     Un'altra scoperta estremamente interessante riguarda il fatto che, nonostante sia considerato a ragione un quartiere borghese, la sua densità abitativa è superiore a quartieri notoriamente più popolari come il Prenestino-Labicano o il Tuscolano ma inferiore al Salario più centrale ma molto più piccolo.




 
 
 

Gli edifici moderni più noti del quartiere Trieste oggi  sono quelli del Coppedè, dal nome dell'autore di molte delle architetture in stile eclettico-floreale, Gino Coppedè ed è quasi impossibile passare da piazza Mincio senza vedere qualcuno che scatti foto, ma fino a dieci o quindici anni fa non era così famoso. 

Chissà che non succeda un giorno anche alle architetture residenziali di metà Novecento, per tanti anni ignorate se non disprezzate, che sto fotografando già da tempo e adesso ho deciso di raccogliere in vari post divisi per quartieri; il Trieste è solo il primo della serie...

 

Palazzine in cerca d'autore - EUR

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Viale dell'Arte

Copertura libera

Definire l'Eur un quartiere di ufficiè giusto ma riduttivo visto che è anche un quartiere residenziale, soprattutto, ma non solo, nelle aree meno centrali e meno conosciute, dotato di elevate qualità paesaggistiche, grazie al verde diffuso e a un bel parco con laghetto.

 

Angolo vuoto


Basti pensare che questo interessantissimo edificio residenziale, di piccola scala, si trova a due passi dal Palazzo dei Congressi di Libera, in un impianto urbanistico quasi monumentale.

Pensilina

Anche in questo casoè stata grande la sorpresa di scoprire un esempio così bello e ben visibile di architettura moderna, di cui sembrerebbe che nessuno si sia accorto vista l'assenza dalle pubblicazioni specialistiche.

 

Sviluppo orizzontale

Si tratta di un edificio piuttosto particolare, con basamento e coronamento rivestiti in pietra come i frontalini dei balconi e una copertura insolita, pur rientrando in generale nel linguaggio architettonico della palazzina.

 

Viale della Musica

Appena ho visto questi villini dietro il Palazzo dei Congressi, ho pensato a Pascoletti di via Brescia, sia per le forme che per i materiali di finitura e infatti sono proprio sue e risalgono al 1960 ca.

 

Via dell'Architettura/Viale della Civiltà Romana


Impossibile non notare questo edificio, sia per le forme poligonali che per le pareti traforate in laterizio a schermatura di parti dei balconi. 


 

Viale della Tecnica/Viale dei Primati Sportivi

Angolo nel verde




Viale della Tecnica

Lati non paralleli

Fai bei balconi


Viale dei Campioni

Su questa strada molto verde affacciano edifici residenziali bassi a due piani, con qualche interessante soluzione architettonica, dietro ai quali spicca la bella torre residenziale di Lorenzo Monardo del 1960-62.

Viale dell'Umanesimo

Abitare verticale

 

Via Tupini

Pareti divergenti


Viale dell'Oceano Pacifico

Edifici gemelli


Intrecci di curve 


Sito ex Velodromo Olimpico

Vuoto urbano

In questo vuoto c'era il VelodromoOlimpico di CesareLigini, realizzato tra il 1957 e il 1959 e poi demolito nel 2008. Le torri residenziali sono, da sinistra, di Lorenzo Monardo (1960-62) e di Claudio Longo (1960-61).


Palazzine in cerca d'autore - Parioli e Pinciano II

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Paolo Russo, via Paisiello, 1968

  

Quartiere Parioli

 Viale Tiziano/Via Flaminia

Di Castro/Fiorentino, viale Tiziano 1953-54

La prima della lunga fila di palazzine comprese tra via Flaminia e viale Tiziano, è in realtà una palazzina d'autore, pubblicata addirittura, tra le poche, da Zevi su L’architettura – cronache e storiama stranamente poco nota.

Pensiline
 

 Via Lima/Via Lisbona

Angolo curvo


 

Angolo


Largo Ecuador

Verso il Moderno



Via Pezzana

Facciata curva


 

 

Quartiere Pinciano

 

Largo Tartini

Balconi poligonali

Probabilmente fotografare le palazzine moderne romane dà, in qualche modo, la sensazione di costruire e trasmette un certo entusiasmo, anche sapendo che la costruzione della città non è mai perfetta e nel caso di quella moderna forse ancora meno, ma gli esempi di qualità architettonica non mancano.


Via Bertoloni/via Secchi

Facciate moderne

Queste quattro palazzine (post)-razionaliste su via Secchi all'angolo con via Bertoloni molto interessanti e con evidenti richiami al Movimento Moderno risalgano all'incirca al 1960 e sono dell'architetto Mario Provenzani.

 

Via Mercalli

Quadrato e semicerchi

 

 Via dei Monti Parioli

Prospetto laterale

 

Via Conca

Balconi in facciata

Due palazzine del 1960 di Paniconi e Pediconi, gemelle ma specchiate, in una breve strada senza uscita, poco prima dei villini di Lafuente e a non molta distanza dalla loro ben più famosa opera a Villa Balestra.

 

Via Rubens

Esclusi accessori

 

Via Archimede

Angolo
 

Concavità

 Ideale prosecuzione dipalazzine in cerca d'autore - Parioli e Pinciano



Palazzine in cerca d'autore - Della Vittoria

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Ventura, palazzina anni '60

Pur essendo di Venturino Ventura, quindi d'autore, la inserisco perchè è forse la meno nota tra le sue opere, l'ho scoperta non molto tempo fa mentre fotografavo le altre sue nella zona, senza sapere che fosse sua.

 

Viale Mazzini

Bruno/Spaccarelli, 1965

Ho saputo solo recentemente dal figlio del costruttore che questa palazzina alta, caratterizzata da un'elegante disegno di alleggerimento del volume della facciata, è opera degli architettiBruno e Spaccarelli e risale al 1965.

 

Palazzina in viale Mazzini


Quasi di fronte all'edificio di Bruno e Spaccarelli c'è una palazzina in cui, agli elementi più tipici, è stato aggiunto un rivestimento delle facciate in listelli di legno che anticipa una delle tendenze architettoniche più recenti.

 

Palazzina in viale Mazzini


 

 Via Montanelli


Moderno autunnale

Il motivo in più per mostrarla qui sta nel fatto che, nonostante oggi dicano tutti di conoscerlo, Ventura è clamorosamente assente dalle più importanti guide di architettura di Roma Moderna, pur avendo costruito molto e bene grazie ad un linguaggio architettonico particolare e mai banale.

Nel verde


Via Nicotera/Via Menotti

Ventura, palazzina, 1959

La palazzina di Ventura all'angolo tra via Menotti e via Nicoteraè sicuramente più nota della precedente, ma deve la sua fama più all'interesse delle ultime generazioni di architetti e fotografi che alle principali pubblicazioni.

 

Ventura, palazzina, 1959

 

Piazzale Clodio

Luigi Moretti, Palazzina San Maurizio, 1962-65

Una vista insolita della palazzina di Moretti, trovata durante un'esplorazione per fotografare quella in cerca d'autore di via Muggia, durante la quale non ho potuto non scattare anche qualche foto all'opera di Luigi Pellegrin.

Luigi Pellegrin, palazzina p.le Clodio, 1955-58

 

Facciata su piazzale Clodio

Palazzina con angolo vetrato molto interessante, ben visibile dalla piazza, dopo essersi lasciati a sinistra quella famosa e un po' brutalista di Luigi Pellegrin.

Vista da via Muggia


 

 Via Nemea

SGI, Due Pini sud, 1956-61

Il complesso residenziale Due Pini, realizzato dalla Società Generale Immobiliare dal 1956 al 1961, è composto da 24 palazzine disposte in due ampie aree verdi e alberate, separate da via Nemea.

 

SGI, Due Pini nord, 1956-61

Il Due Pini Nord, composto da 9 palazzine liberamente distribuite, ha l'ingresso da via Zandonai, una bella strada che si imbocca da Piazza dei Giuochi Delfici e costeggia l'imponente quanto interessante chiesa di Santa Chiara.

SGI, Due Pini nord, 1956-61

 


Palazzine in cerca d'autore - Tor di Quinto

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Via Ronciglione

Finestre a nastro

La foto di questa palazzina sopra Corso Francia forse potrebbe essere la copertina di una libro sulla facciata moderna a Roma dopo Le Corbusier, in cui ritrovare parte dei suoi famosi cinque punti per l'architettura.

 

L'insostenibile leggerezza dell'angolo

Via Ronciglione è una strada residenziale immersa nel verde con molte palazzine interessanti, quasi tutte sconosciute, e una posizione invidiabile sopra Corso Francia che si raggiunge scendendo una lunga scalinata divenuta famosa per un'opera dell'artista David Vecchiato detto Diavù.

Il Giovedì

David “Diavù” Vecchiato, Michèle Mercier da "Il giovedì" di Dino Risi, scalinata tra Corso Francia e Via Ronciglione, Popstairs” di Ossigeno Festival Roma 2015.

Sbalzi

Ho scatto questa foto, come sempre, senza conoscere l'autore ma, quando l'ho postata su IG, ho pensato erroneamente che fosse parte di un complesso di palazzine di Lorenzo Monardo che però si trova sull'altro lato della strada e non ho fotografato. Evidentemente non l'ho ritenuto interessante. Chissà...

Via Mengotti

Fioriere integrate

Quello di Luigi Pellegrinè un nome abbastanza noto, così come questa palazzina del 1955-56 in via Mengotti, sua opera prima, grazie alle sue ricerche progettuali considerate vicine alla poetica wrightiana. Si distingue per una coraggiosa volumetria articolata, che mette in discussione la visione frontale e la facciata a favore della dinamicità, mantenendo però un'immagine architettonica classicae senza tempo, fatta di linee essenziali,che però non è detto che sia semplice, banale o simmetrica (Prestinenza Puglisi).


Via Stringher

Camera con sbalzo

 

Via Bodio

I cinque punti meno due

Francesco Berarducciè stato uno dei progettisti romani più eleganti, non a caso ammiratore dell'architettura di Arne Jacobsen, ma probabilmente sono in pochi a conoscere queste due palazzine in via Bodio in cui si può apprezzare la sua ricerca personale sul linguaggio del Movimento Moderno.

 

Piani sfalsati

 

Via Cassia

Paniconi/Pediconi, 1959-61

 

Via Belloni/Piazza Jacini

Torri a croce (dette Stellari)


Appartamenti con vista


Case alte

Il quartiere di Vigna Clara, intorno a piazza Jacini, è uno degli esperimenti urbani più interessanti della Società Generale Immobiliare; si distingue per gli edifici alti di forma stellare e per il centro commerciale multipiano.

Simmetria
 

Via Colajanni

 

Minimalismo

Società Generale Immobiliare, Palazzina in via Colajanni, Roma 1955-58.


Piazza Jacini

Balconi generosi


 Via Jacini

Ugo Luccichenti, Palazzina Coop. Dianola, 1955-56

Moderno a colori


Via Ferrara

Travi sagomate


Corso Francia

Persiane

 



Palazzine in cerca d'autore - Gianicolense

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Viale Trastevere

Per un attico in più

Inseguendo Lafuente a viale Trastevere, ho notato questa interessante palazzina che mi è sembrata quasi una citazione del Weissenhof di Stoccarda.

 

Via Traversari

Bicolore


Via di Ponziano

Stratificazione 

Ho fotografata questa palazzina quasi da tutti i lati perchè li trovo uno più bello dell'altro, grazie anche ai dislivelli, a dimostrazione che il Moderno romano è molto meno banale e ripetitivo di quanto sia stato sempre raccontato.

 Via Traversari

Facciata in movimento


Bosco discontinuo


Più balconi per tutti

Palazzina tipicamente romana caratterizzata soprattutto dalle volumetrie degli ampi balconi a sbalzo con parapetti in vetro e parti strutturali, soprattutto mensole, ben evidenziate in facciata. 

 

Dislivello


Via Vitellia

Lafuente/Rebecchini, palazzina 1955

Nonostante l'abbia vista almeno in due occasioni, non ho ancora capito dov'è l'ingresso, la palazzina si trova ad una quota superiore rispetto alla strada ed ero distratto dalla bellezza della facciata.

 

 Via Fabrizi

Banano e balconi


Via Dandolo

 Giorgio Calza Bini, due palazzine in via Dandolo, Roma 1953

 


 


Palazzine in cerca d'autore - Monte Sacro

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 Società Generale Immobiliare, Intensivi su via Conca d'Oro, 1956-59.

Il quartiere di Monte Sacro è famoso per la Città giardino disegnata da Gustavo Giovannoni negli anni '20, poi per il quartiere delle Valli di Conca d'Oro della Società Generale Immobiliare e per l'architetto mancato, Ennio Flaiano, famoso sceneggiatore e scrittore, suo residente fino alla morte.
 Palazzina in cerca d'autore, Via Martana, Roma anni '50

 

Via Etna

Girare l'angolo

 



Palazzina in cerca d'autore, Via Etna, Roma anni '50

 
 
Via Val Sillaro
 
Linee non parallele

 
Palazzina in cerca d'autore, Via Val Sillaro, Roma anni '50
 
 
Via Conca d'Oro
 

 Palazzina in cerca d'autore, Via Val Sillaro (ang. via Conca d'Oro), Roma anni '50 

 
 
Società Generale Immobiliare, Intensivi su via Conca d'Oro, 1956-59
 
 
 
Via del Gran Paradiso



 
Forse sarebbe piaciuta a Zevi

 

Affaccio d'angolo
Senza finestre

Fioriere integrate

Palazzina in cerca d'autore in via Gran Paradiso, Roma anni '50


Via Monte Trina (Piazza Vulture)

Volumi accostati

Julio Lafuente con Gaetano Rebecchini, Villino Gargan, Roma 1958

Alla scoperta di Roma Moderna - Parioli e Pinciano

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Alla scoperta di Roma Moderna - Parioli e Pinciano

Qualche giorno fa ho pubblicato su Amazon questo libretto fotografico di circa 120 pagine sulle mie esplorazioni. Si tratta di un esperimento, visto che sono l'editore di me stesso, quindi mi sono limitato solo ad una parte delle mie ricerche. In particolare ho scelto i quartieri Parioli e Pinciano, perchè particolarmente rappresentativi, visto che ospitano alcune delle palazzine più belle e famose della produzione romana, Luigi Moretti, Monaco e Luccichenti, Ugo Luccichenti ecc... In linea con la mia missione sulle "Palazzine in cerca d'autore" però, non mi sono limitato a quelle famose, né a quelle di cui si conosce l'autore. Insomma un salto mortale multiplo, visto che sono un autore senza editore e senza cattedre e pubblico un libro di fotografie senza essere un fotografo e per di più presento edifici sconosciuti di cui non conosco l'autore.

Per il momento ho scelto di non inserire testi, a parte le didascalie con l'autore (se si sa), la localizzazione e la datazione (nota o presunta). In questo modo il libro è in italiano, come è naturale che sia, e uno straniero che voglia acquistarlo deve solo conoscere poche parole per capirlo (palazzina, villino, intensivo...) e la fotografia, così come l'architettura, è un linguaggio universale.

Insomma io se fossi in voi non so se lo comprerei ma se lo fate mi fa piacere.


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